IL TRIBUNALE 
 
     Sciogliendo la riserva dell'udienza del  14  febbraio  2013,  in
relazione al  procedimento  civile  n.  77/2013  R.G.  affari  civili
contenziosi, osserva quanto segue. 
    Di Tolve Rosina proponeva opposizione avverso l'atto di  precetto
notificatole in data 26 ottobre 2012,  con  il  quale  il  Comune  di
Rapolla le intimava il rilascio dell'alloggio ubicato in Rapolla (PZ)
alla Piazza della Liberta' n. 18 e dell'annesso locale pertinenziale,
instando per  la  sospensione  dell'efficacia  esecutiva  del  titolo
(cosi'    dovendosi    interpretare    l'istanza    di    sospensione
dell'esecuzione,  contenuta  nell'atto  di   citazione,   posto   che
l'esecuzione inizia con la notifica dell'avviso di  rilascio  di  cui
all'art. 608 c.p.c., nella specie non ancora eseguita  all'epoca  del
deposito in cancelleria dell'atto di citazione contenente la suddetta
opposizione). 
    L'attrice allegava a sostegno dell'opposizione: 
        a) la carenza di titolo  esecutivo,  attesa  l'illegittimita'
costituzionale dell'art.  34  legge  Regionale  della  Basilicata  n.
24/2007, nella parte in cui rinvia all'art. 11, comma 12, decreto del
Presidente della Repubblica n. 1035/1972, cosi' violando  l'art.  108
Cost., per il quale la materia giurisdizionale e' coperta da  riserva
di legge statale; 
        b) la successione ex lege nel contratto di locazione concluso
tra il proprio coniuge, Intana Biagio, ed il Comune di Rapolla; 
        c) il suo diritto a pennanere  nel  godimento  dell'immobile,
essendo sussistenti i requisiti previsti dall'art. 39 Legge Regionale
della Basilicata in tema di sanatoria. 
    L'Ente intimante si  costituiva  in  giudizio  mediante  apposita
comparsa, con la  quale  contestava,  con  varie  argomentazioni,  la
fondatezza dell'opposizione, invocando  il  rigetto  dell'istanza  di
sospensione ivi formulata. 
    Il Giudice di prime cure, con ordinanza  in  data  04/08.01.2013,
rigettava  l'istanza  di  sospensione  dell'efficacia  esecutiva  del
titolo. 
    Avverso tale ordinanza la  Di  Tolve,  con  ricorso  in  data  23
gennaio 2013, proponeva reclamo al Collegio, inteso  ad  ottenere  la
riforma del provvedimento impugnato e l'accoglimento dell'istanza  di
sospensione  gia'  formulata  dinanzi  al  Giudice  di  prime   cure,
reiterando le argomentazioni difensive gia' addotte in quella sede. 
    Si costituiva in giudizio l'Amministrazione intimante, chiedendo,
in via preliminare,  di  dichiarare  inammissibile  il  reclamo  «per
inapplicabilita'  della  disciplina  dettata  dagli   artt.   624   e
669-terdecies  alla  fattispecie  in  esame,  nonche'   per   tardiva
presentazione del reclamo stesso, ed eventualmente la competenza  del
giudice dell'esecuzione a decidere sull'istanza di  sospensiva»;  nel
merito, di rigettare il reclamo, sulla base di  varie  argomentazioni
conformi a quelle spiegate dinanzi al Giudice di prime cure. 
    Si  devono  esaminare,  anzitutto,   le   questioni   preliminari
sollevate  dalla  parte  reclamata.  L'eccezione  di  tardivita'  del
reclamo  non  e'  fondata,  risultando  dagli  atti  di   causa   che
l'ordinanza impugnata e' stata depositata in cancelleria  in  data  8
gennaio 2013 e che il reclamo e' stato proposto in  data  23  gennaio
2013, nel  rispetto,  quindi,  del  termine  di  15  giorni  previsto
dall'art. 669-terdecies, comma 1, c.p.c.. 
    Quanto,  poi,  all'eccezione  di  inammissibilita'  del   reclamo
fondata sull'argomentazione che l'art. 624, comma 2,  c.p.c.  ammette
il  reclamo  al  collegio  solo  contro  l'ordinanza   che   provvede
sull'istanza di  sospensione  dell'esecuzione,  e  non  anche  contro
quella  che  provvede  sull'istanza  di  sospensione   dell'efficacia
esecutiva del  titolo  posto  a  fondamento  del  precetto,  si  deve
osservare  che,  secondo  la  giurisprudenza  di  legittimita',   «E'
inammissibile il ricorso per cassazione, ex art. 111, settimo  comma,
Cost., contro l'ordinanza con cui il tribunale,  ai  sensi  dell'art.
624, secondo comma, cod. proc. civ. nel testo sostituito dall'art. 2,
comma 3 lett. e), del dl. n. 35 del 2005, convertito nella  legge  n.
80 del 2005 e poi modificato dall'art. 18 della legge n. 52 del 2006,
respinga il reclamo avverso l'ordinanza di sospensione dell'efficacia
esecutiva del titolo esecutivo, emessa dal giudice dell'esecuzione  a
seguito  dell'opposizione  proposta  ai  sensi  dell'art.  615   cod.
proc.civ. trattandosi di provvedimento privo di natura  definitiva  e
decisoria,  avente  natura  cautelare  e  provvisoria.  Il   predetto
principio si applica tanto nell'ipotesi di  sospensione  disposta  in
sede di  opposizione  all'esecuzione  non  iniziata,  sia  quando  la
sospensione sia disposta ad esecuzione gia'  iniziata»  (Cass.,  sez.
III, n. 22488  del  22/10/2009).  La  Corte  di  cassazione,  quindi,
ritiene - con orientamento che  il  giudicante  condivide  -  che  il
reclamo avverso l'ordinanza che provvede sull'istanza di  sospensione
sia ammissibile, sia qualora l'esecuzione  non  sia  ancora  iniziata
(opposizione c.d. «preventiva», come nel caso di specie), sia  quando
l'esecuzione sia  gia'  iniziata  (opposizione  c.d.  «contestuale  o
repressiva»). Si deve ritenere, infatti, che tale reclamabilita', pur
non essendo espressamente prevista dalla norma in  esame,  derivi  da
un'interpretazione  complessiva  del  sistema   e   dall'applicazione
analogica dell'art. 624, comma 2, c.p.c., onde evitare  un  vuoto  di
tutela irragionevole e sospettabile di illegittimita' costituzionale.
Nel merito, si deve, anzitutto, ritenere di dover condividere  quanto
affermato  dal  Giudice  di  prime  cure  in  ordine   alla   pretesa
successione ex lege  della  reclamante  nel  contratto  di  locazione
stipulato tra il di lei  marito,  Intana  Biagio,  ed  il  Comune  di
Rapolla. 
    Si deve osservare, a  tale  riguardo,  che,  ai  sensi  dell'art.
6 legge  n.  392/1978,  «In  caso  di  separazione   giudiziale,   di
scioglimento del matrimonio o  di  cessazione  degli  effetti  civili
dello stesso,  nel  contratto  di  locazione  succede  al  conduttore
l'altro coniuge, se il diritto di abitare nella  casa  familiare  sia
stato attribuito dal giudice a quest'ultimo».  Nel  caso  di  specie,
l'assegnazione dell'immobile in questione all'odierna reclamante  era
stata disposta con sentenza n. 356/2000 del 3  ottobre  2000,  emessa
all'esito del giudizio di separazione, e successivamente revocata con
ordinanza del 24 ottobre  2007,  resa  nell'ambito  del  giudizio  di
cessazione degli effetti civili del matrimonio. 
    Si deve ritenere, tuttavia,  che  l'originario  provvedimento  di
assegnazione non abbia prodotto l'effetto di determinare il  subentro
della reclamante, ai sensi dell'art. 6 legge n. 392/78, nel contratto
di cui era titolare il marito, giacche' tale subentro  presuppone  la
sussistenza di un contratto di  locazione  in  corso  tra  le  parti,
mentre, nella specie, al marito della Di Tolve faceva  capo  soltanto
una situazione di occupazione de facto dell'immobile gia' condotto in
locazione, essendo stato quel contratto dichiarato risolto, per grave
inadempimento del conduttore,  Intana  Biagio,  a  far  data  dal  15
febbraio 1994, giusta sentenza n. 479/2002, pronunciata dal Tribunale
di Melfi in data 4 dicembre 2002 (cfr., in una fattispecie, per certi
versi, analoga a  quella  oggetto  di  odierno  scrutinio,  Cass.  n.
1952/09). 
    Di  tanto  si  trova  conferma  anche  nella  giurisprudenza   di
legittimita', secondo cui «La sentenza che pronuncia  la  risoluzione
per  inadempimento  di  un  contratto  ad  esecuzione  continuata   o
periodica, sebbene costitutiva, ha efficacia retroattiva ex art. 1458
cod. civ. solo  dal  momento  dell'inadempimento  (non  estendendo  i
propri effetti alle prestazioni gia' eseguite)  (...)»  (Cass.,  sez.
III, n. 5771 del 10 marzo 2010). 
    Si deve ritenere, quindi, che non sussista  il  c.d.  fumus  boni
juris, in relazione all'asserito diritto della reclamante  di  godere
dell'immobile in virtu' del contratto di locazione stipulato  tra  il
Comune di Rapolla ed il  suo  ex  marito,  Intana  Biagio,  cui  ella
sarebbe subentrata ex lege. 
    Si deve, tuttavia, esaminare,  altresi',  sempre  sul  piano  del
fumus boni juris, la questione sollevata dalla  parte  reclamante  in
relazione  alla  legittimita'  costituzionale  dell'art.   34   Legge
Regionale della Basilicata n. 24/2007. 
    Tale  norma  stabilisce  che  «1.  Salvo  quanto  previsto  negli
articoli che precedono, il legale  rappresentante  dell'Ente  gestore
dispone,  con  proprio  provvedimento,  il  rilascio  degli  immobili
occupati senza titolo. (...). 2. Al provvedimento con cui si  dispone
il rilascio si applica il dodicesimo comma dell'art.  11  del decreto
del Presidente della Repubblica 30 dicembre 1972 n. 1035». 
    Tale ultima norma, a sua  volta,  dispone  che  «Il  decreto  del
presidente  dell'Istituto  autonomo  per  le  case   popolari   (...)
costituisce titolo esecutivo nei  confronti  dell'assegnatario  e  di
chiunque  occupi  l'alloggio  e  non  e'  soggetto  a  graduazioni  o
proroghe». 
    Applicando tali norme si attribuirebbe, quindi, al  provvedimento
di rilascio emesso dal Comune di Rapolla  rente  gestore»],  in  data
09.08.2012 con protocollo n. 4557, la qualita' di «titolo esecutivo»,
sulla  base  del  quale  poter  emettere  l'atto  di  precetto   (del
successivo 26 ottobre 2012) oggetto del presente giudizio. 
    Parte   reclamante   sostiene   l'illegittimita'   costituzionale
dell'art. 34 in questione (nella parte in  cui  rinvia  all'art.  11,
comma 12, decreto del Presidente della Repubblica l'art.  108  Cost.,
con la conseguente carenza di un titolo esecutivo posto a  fondamento
dell'atto di precetto. 
    La  questione   di   legittimita'   costituzionale   non   appare
manifestamente infondata, sebbene la parte  reclamante  abbia  errato
nell'individuare  come  parametro  di  rifermento  la  norma  di  cui
all'art.  108  Cost.,   riguardante   la   materia   dell'ordinamento
giudiziario. 
    Si deve rilevare, infatti, che, ai sensi dell'art. 117, comma  2,
Cost., «Lo Stato ha legislazione esclusiva  nelle  seguenti  materie:
(...); l)giurisdizione e norme processuali (...)». 
    La norma dell'alt. 34,  comma  2,  della  Legge  Regionale  della
Basilicata n. 24/2007, prevedendo che al  provvedimento  di  rilascio
emesso dal Comune, nella sua qualita' di «ente gestore», si  applichi
l'art. 11, comma 12, D.P.R. n. 1035/1972, dispone, in  sostanza,  che
tale provvedimento di rilascio debba essere qualificato come  «titolo
esecutivo». Tale norma, in quanto equiparabile, ad esempio, a  quella
di cui all'art. 474,  comma  2,  c.p.c.  (contenente  un  elenco  dei
principali titoli esecutivi: sentenze, scritture private autenticate,
cambiali, atti ricevuti da notaio), appare qualificabile come  «norma
processuale», rispetto alla  quale  sussiste  il  potere  legislativo
esclusivo  dello  Stato,  con   la   conseguenza   che   non   appare
manifestamente infondata la questione di legittimita'  costituzionale
della legge regionale che  ponga  una  tale  norma  processuale,  per
violazione dell'alt. 117, comma 2, lett. 1), Cost.. 
    Il giudicante e' consapevole della possibilita' di considerare la
norma costituzionalmente legittitna, in virtu' del  richiamo  operato
dall'art. 474, comma 2, c.p.c., secondo cui «Sono  titoli  esecutivi:
(...) i provvedimenti e gli altri atti ai quali la legge  attribuisca
espressamente efficacia esecutiva». Si potrebbe argomentare, infatti,
che, essendo la stessa legge statale a prevedere cio', il rinvio alla
«legge» operato dalla norma appena riportata  potrebbe  anche  essere
considerato come riferibile sia alla legge  statale  che  alla  legge
regionale. Spetta, tuttavia,  al  Giudice  delle  leggi  interpretare
l'art. 117, comma 2, lett. 1), Cost., al fine di  stabilire  se  tale
norma  costituzionale  consenta  di  ritenere  legittimo  il   rinvio
eventualmente operato dalla legge statale alla legge regionale. 
    Cio' posto sul piano del fiunus boni juris, il giudicante ritiene
di dover verificare  se  sussista,  nel  caso  di  specie,  anche  il
requisito del periculum in mora. 
    Tanto si deve ritenere anche alla luce della giurisprudenza della
Corte costituzionale, secondo cui «il  giudice  [amministrativo,  nel
caso concreto portato all'attenzione della  Consulta,  n.  d.e.]  ben
puo' sollevare  questione  di  legittimita'  costituzionale  in  sede
cautelare, sia girando non  provveda  sulla  domanda  cautelare,  sia
quando conceda la relativa misura, purche' tale  concessione  non  si
risolva, per le ragioni addotte  a  suo  fondamento,  nel  definitivo
esaurimento del potere cautelare del quale in quella sede il  giudice
amministrativo fruisce:  con  la  conseguenza  che  la  questione  di
legittimita' costituzionale e' inammissibile - oltre che, ovviamente,
se la misura e' espressamente negata (ordinanza n.  82  del  2005)  -
quando essa sia concessa sulla base di ragioni, quanto al fwnus  boni
juris,  che  prescindono  dalla  non  manifesta  infondatezza   della
questione stessa (sentenza n. 451 del 1993);  la  potestas  judicandi
,non puo' ritenersi  esaurita  quando  la  concessione  della  misura
cautelare e' fondata, quanto al fumus boni juris, sulla non manifesta
infondatezza  della   questione   di   legittimita'   costituzionale,
dovendosi in tal caso la sospensione dell'efficacia del provvedimento
impugnato ritenere di carattere provvisorio e  temporaneo  fino  alla
ripresa del  giudizio  cautelare  dopo  l'incidente  di  legittimita'
costituzionale (ex plurimis, sentenze n. 444 del  1990;  n.  367  del
1991; numeri 24, 30 e 359 del 1995; n. 183 del 1997; n. 4 del  2000)»
(Corte costituzionale del 27 gennaio 2006, n. 25). 
    Essendo, quindi, riconosciuto il potere del giudice di  sollevare
una questione di legittimita' costituzionale anche in sede cautelare,
si deve esaminare se, nel caso concreto, sussista anche il  requisito
del periculum in  mora,  al  fine  di  delibare  la  rilevanza  della
questione di legittimita' costituzionale. 
    Parte reclamante ha dedotto e provato documentalmente  di  essere
percettrice  di  un  reddito  estremamente  basso,  quantificato,  in
applicazione dell'indicatore della situazione  economica  equivalente
(c.d. ISEE) nella misura di t. 1.620,00 annui (corrispondenti a circa
€. 135,00 mensili),  che  assai  difficilmente  le  consentirebbe  di
rinvenire agevolmente sul libero mercato un'abitazione dignitosa, con
la conseguenza del mancato soddisfacimento del diritto  fondamentale,
costituzionalmente tutelato, all'abitazione (cfr. art. 47,  comma  2,
Cost.). 
    Pertanto, dovendo ritenersi sussistente anche  il  requisito  del
periculuni in  mora,  si  deve  concludere  per  la  rilevanza  della
questione di legittimita' costituzionale precedentemente evidenziata. 
    In applicazione della richiamata giurisprudenza del Giudice delle
leggi, il Tribunale, nel dichiarare non  manifestamente  infondata  e
rilevante  ai  fini  del  giudizio  la  questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 34, comma 2,  della  Legge  Regionale  della
Basilicata n. 24 del 18 dicembre 2007,  in  relazione  all'alt.  117,
comma 2, lett. 1),  Cost.,  ritiene  di  dover  concedere  la  misura
cautelare consistente nella  provvisoria  sospensione  dell'efficacia
del titolo esecutivo in questione, fino  alla  ripresa  del  presente
giudizio cautelare dopo l'incidente di legittimita' costituzionale.